Dalle testimonianze riportate nel blog, che, sia chiaro, non hanno una valenza statistica, sembrerebbe che nei ragazzi arrivati grandi in Italia la connessione tra condizione della donna del paese d’origine e comportamento sessuale non sia poi un’idea tanto balzana. Un ragazzino che ha visto maltrattare la mamma o usare le sorelle come mero oggetto sessuale potrebbe considerare normale fare altrettanto con la sua compagna solo perché è questo il modello che ha introiettato. Così una ragazzina che ha avuto zie, sorelle o cugine madri molto giovani può pensare che sia normale mettere al mondo un figlio nell’adolescenza. Spezzare la catena non è facile, soprattutto quando questo desiderio di maternità è un’evidente richiesta di riempire un vuoto interiore.
Sembrerebbe il caso delle ragazzine straniere che venivano intervistate sul canale Babel la domenica sera (il programma è andato in onda a giugno e luglio). Dai racconti emergono storie di separazione dalla madre nei primi anni di vita, sradicamento dal paese natale per il ricongiungimento familiare in Italia, un grande senso di solitudine e difficoltà d’integrazione a cui si sopperisce con il primo ragazzo che si interessa a loro. Separazione, sradicamento e solitudine…non è forse anche il mix dei nostri ragazzi?
Non facilita il compito la moltitudine di messaggi devianti e deviati che ci propongono dall’esterno. Comunque sia, è questo il mondo che ci siamo costruiti, è questo il mondo in cui viviamo e con cui dobbiamo fare i conti.
In qualsiasi situazione, anche la più dolorosa, il nostro dovere di genitori è di “esserci” proprio per dimostrare che un’altra strada è possibile. Se in passato una madre non ha avuto l’aiuto per crescere i suoi figli, ora la storia non si ripeterà. Anche il rapporto di coppia che traspare nella relazione con il partner può fornire una nuova chiave di lettura e un diverso comportamento nei riguardi dell’altro sesso. E’ anche questo un modo per proporre una positiva interpretazione della vita ai nostri ragazzi che speriamo possano assorbire. Nessun cammino è stato tracciato, che non si possa cambiare, se noi lo vogliamo.